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Inserzione anomala

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Omega™
view post Posted on 24/11/2008, 16:10




In uno dei consueti ritorni a casa, alle due del pomeriggio, ci eravamo
trovati sul treno, nello stesso scompartimento noi insegnanti che lavoravamo
a Civitavecchia, Santa Marinella e Ladispoli ed abitavamo a Roma. Quelli che
salivano sul treno a Civitavecchia occupavano i posti per tutti e poi li
difendevano con i denti dalle orde barbariche che cercavano di
impossessarsene. Tra noi amici di treno c'era l'abitudine, una volta che ci
eravamo ricompattati, di farci ognuno gli affari nostri: chi leggeva il
giornale, chi lavorava a maglia, chi discuteva di politica o,
inevitabilmente, ancora di scuola, chi dormiva soporitamente. Quel giorno
però la discussione andò su un argomento che, essendo piuttosto succulento,
attirò l'attenzione di tutti: il professore di matematica e fisica Francesco
Fiorelli assicurò che gli era stato riferito dall'assistente di laboratorio
Ludovico Melassa che al nosocomio di Civitavecchia era stata portata una
coppia, un maschio e una femmina adulti che, coinvolti in un turbolento
coito anale, non erano più riusciti a staccarsi.
"Quanto tempo sono stati incastrati?" Si informò la professoressa di
filosofia Miriam Aguzzini, che, disse poi, aveva pensato alla vergogna che
aveva dovuto provare la lei della coppia all'arrivo dei soccorritori.
"Ludovico ha detto otto o nove ore, perché non avevano il coraggio di
telefonare all'ospedale - disse Francesco Fiorelli - e hanno atteso fino a
quando non hanno perso la speranza che l'uccello potesse disincagliarsi
spontaneamente". "Ma - chiese a tutti e a nessuno la professoressa di
ragioneria Speranza Cardia - come può succedere una cosa del genere? Io non
pensavo che fosse possibile." Nessuno ne sapeva niente, nonostante tutti
fossero propensi a credere che il fatto fosse accaduto davvero, ma il
professor Fiorelli assicurò che qualche anno prima si era verificato un
incidente simile: erano due maschi in quel caso, due operai che lavoravano a
costruire la centrale di Montalto di Castro e il fatto aveva fatto scalpore.
Renato Palumbo che avevo spesso sorpreso a fissare incantato il sedere
portentoso della professoressa Cardia, intervenne scanzonato: "Hai paura che
possa succedere anche a te, Speranza?" Speranza Cardia arrossì diffusamente
e cercò di colpire con uno schiaffo, fingendosi arrabbiata, il suo amico
Renato che le bloccò il braccio all'altezza del polso: "Stavo scherzando -
aggiunse Renato - lo so che tu queste cose non le fai, o si?" Speranza partì
col braccio libero e questa volta sorprese Renato che stava sghignazzando
per la sua facezia con uno schiaffo che lo colpì esattamente sui denti.
Renato accusò il colpo, cominciò a sanguinare dalla bocca e Speranza,
inorridita per quello che aveva fatto, tirò fuori un fazzoletto e cominciò a
pulire il sangue che, d'altronde in piccola copia, sgorgava dalla gengiva di
Renato. La professoressa Miriam Aguzzini, che insegnava greco e latino al
liceo P.A.Guglielmotti di Civitavecchia, cercò di informarsi su come i
medici dell'ospedale avessero provveduto a separare i due amanti.
"Lubrificando la parte? - aveva supposto - allargando ancora di più l'ano,
che doveva essere dilatatissimo, della signora? Intervenendo col bisturi
sulle tenere carni della sodomita?" E in questo ultimo caso, quanti punti
erano stati messi alla donna, e come avrebbe potuto l'organo svolgere
regolarmente le sue funzioni? Il passaggio delle feci non avrebbe fatto
scucire i punti o infettare le ferite? "Potrebbero anche aver tagliato l'
uccello del maschio!", intervenne Adele Stenti che era una femminista
militante. La provocazione non fu raccolta, ma nessuno sapeva niente delle
tecniche di disincaglio in simili casi; tutti stavano pensando alle varie
procedure possibili e insieme con un senso di pietà per la malcapitata,
alcuni si erano eccitati.
La discussione fu interrotta dal fatto che il treno era arrivato a Maccarese
ed era stato fermato per permettere il superamento del rapido che proveniva
da Torino. I passeggeri del treno locale, affamati, stanchi e scoglionati,
erano scesi, senza neanche scambiarsi una parola sull'argomento e si erano
seduti sul binario sul quale sarebbe dovuto passare il rapido. Il
capostazione era corso subito assicurando che il rapido non avrebbe
sorpassato il locale, i passeggeri erano risaliti e il treno era ripartito.
La professoressa di Italiano e storia Angela Ribecchi era seduta impettita,
ascoltava tutto, ma non sembrava approvare i nostri commenti mordaci e il
nostro interesse morboso. Sul viso limpido da bambina, si alternavano
diverse emozioni; ogni tanto i denti mordevano il labbro inferiore e gli
immensi occhi azzurri si rabbuiavano. Stava raccogliendo informazioni e
stava riflettendo, e la riflessione era così coinvolgente che non poteva
impedire che parte di essa si trasmettesse sui suoi lineamenti.
"Si sapeva chi fossero, i due amanti?" intervenne per la prima volta Luisa
Accorsi che non era propriamente un'insegnante, ma faceva parte dell'
ambiente scolastico, essendo applicata di segreteria. Non si sapeva, ma
Fiorelli aveva sentito dire che la lei fosse la proprietaria dell'
erboristeria in via Santa Fermina. Io ero rimasta di stucco, perché mi
servivo in quell'erboristeria e parlavo spesso con la proprietaria, che
consideravo una persona simpatica, edotta nella materia e che mi somigliava,
anche fisicamente. Entrambe more e in carne, ma non grasse. Entrambe con un
culo ben fatto. Però Renato, che all'inizio aveva fatto finta di non sapere,
aveva sentito dire che si trattava della signora Panini, vedova di un ricco
imprenditore, ma lui non pensava che si trattasse di lei perché la
conosceva, dato che era la mamma di una sua alunna, e non le sembrava il
tipo. "Di prenderlo in culo o di non volere più che l'uccello la
abbandonasse?" Lo sfidò Riccardo Pagliacci, supplente di educazione fisica,
che fino ad allora aveva soltanto ascoltato. "No, non mi sembra il tipo di
farsi portare, avvolta in un lenzuolo con il suo amante, all'ospedale
pubblico. Con i soldi che ha, avrebbe trovato un'altra soluzione." "E come
hanno fatto a telefonare - disse Riccardo che ormai si era disinibito -
avevano il telefono vicino al letto?" " No - rispose il prof . Fiorelli -
sono dovuti con grande difficoltà arrivare al telefono che era situato in un
'altra stanza. Rotolando in terra, in trenino, a pecoroni. non si sa con
certezza". "E dove si erano messi ad aspettare la croce rossa? Accanto alla
porta? Erano ritornati a letto? Seduti o in piedi?" Insistette Riccardo.
"Questo si sa- rispose il prof. Fiorelli - in piedi accanto alla porta.
Erano già coperti da un lenzuolo. L'infermiere che li ha visti per primo ha
detto che lui aveva le gambe piegate, perché era molto più alto di lei".
Miriam Aguzzini, a questo punto si era urtata, e disse che non potevano
parlare così superficialmente di un fatto così grave. Se non fosse stata
laureata e razionale, avrebbe ritenuto che quella fosse stata la punizione
di Dio per un atto così bestiale. Fiorelli, Riccardo e Palumbo cominciarono
a ridere. Adele Stenti sostenne che i maschi avrebbero messo il loro cazzo
da tutte le parti e che le cose si sarebbero risolte quando tutte le donne
avrebbero fatto l'amore fra loro, lasciando i maschi a spararsi pugnette.
Speranza sostenne che Dio non c'entrava con il recipiente nel quale il cazzo
si infilava, anche se lei non se lo sarebbe mai fatto infilare nel sedere. E
mentre lo diceva guardò insistentemente Renato Palumbo. Io mi lanciai in una
difesa del libero arbitrio e sostenni con passione il verso di Torquato
Tasso "s'ei piace, ei lice". "Duriamo tanto poco al mondo - dicevo - sarebbe
terribile morire con il rimpianto di non aver soddisfatto un nostro
desiderio!"
La confusione divenne incontrollabile. Ognuno parlava sull'altro e tutti
erano convinti di avere ragione. Chiudemmo la porta dello scompartimento, ma
io ero convinta che la nostra discussione fosse a portata d'orecchio di
tutto il treno. Miriam Aguzzini litigava furiosamente con Adele Stenti e
Renato Palumbo aveva messo un braccio intorno al fianco di Speranza Cardia e
tentava timidamente di spostare la mano sul suo sedere.
In un momento di silenzio improvviso e imprevedibile un attimo prima, mi
volsi verso la professoressa Angela Ribecchi che non aveva più detto una
parola, ma sembrava sollevata. Il viso era disteso come quello di una
persona che aveva finalmente capito tutto. Gli occhi azzurri guardavano
verso l'alto, persi nella contemplazione dell'infinito, e quando parlò, lo
fece in un sussurro, ma con tale intensità emotiva che tutti capirono
subito: "Otto ore di seguito? Oddio! Magari capitasse con Emiliano!"
 
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troll_91
view post Posted on 9/11/2009, 07:57




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